Il marmo lunense
Pietra preziosa
E’ sicuramente il bianco delle Apuane a colpirci quando arriviamo nella piana di Luni, sia se proveniamo dalla Spezia che dalla Toscana. Dall’autostrada gli squarci bianchissimi colorano ed illuminano le montagne in ogni stagione: il bianco del marmo è una presenza costante che caratterizza il paesaggio, da sempre.
Anche tantissimi secoli fa, quando Luni fu fondata (parliamo del 177 a.C.), il marmo era fondamentale per l’economia locale. La piana lunense allora presentava alcuni tratti diversi rispetto a quelli attuali: il mare occupava una posizione avanzata, la foce della Magra era invece più arretrata. Nonostante qualche trasformazione legata alle frequenti inondazioni, il territorio ha mantenuto nei secoli alcune caratteristiche salienti del paesaggio ed il marmo, con tutte le attività connesse, è stato sempre protagonista.
Il marmo apuano, nell’antichità denominato “marmo lunense”, con la gran varietà di bianchi e bardigli, ha contribuito in modo determinante a creare la fama e la fortuna di Luna, tanto che le cave divennero proprietà personale dell’imperatore a partire da Tiberio (14-37 d.C.).
Il materiale estratto era largamente utilizzato in città, sia negli edifici pubblici, sia in quelli privati. Doveva essere un colpo d’occhio di sicuro effetto.
Negli edifici, nei manufatti e negli spazi pubblici venivano impiegati i marmi della gamma dei bianchi, nelle dimore private, accanto ai bianchi lunensi, troviamo diversi tipi di bardiglio utilizzati insieme ai marmi importanti dall’Asia Minore, dalla Grecia e dall’Africa, più colorati e costosi e per questo adoperati per impreziosire i pavimenti delle lussuose domus lunensi del I secolo.
Col tempo l’eleganza e l’importanza conferita dal marmo agli edifici e alle costruzioni venne meno perché fu compiuta un’opera di spoliazione finalizzata al reimpiego del prezioso materiale. Ciò avvenne sia in epoca antica, con il riutilizzo del marmo all’interno della stessa Portus Lunae, sia più tarda con il riuso per la realizzazione di palazzi, fortificazioni e altro nei centri limitrofi come Nicola e Ortonovo.
Anche tantissimi secoli fa, quando Luni fu fondata (parliamo del 177 a.C.), il marmo era fondamentale per l’economia locale. La piana lunense allora presentava alcuni tratti diversi rispetto a quelli attuali: il mare occupava una posizione avanzata, la foce della Magra era invece più arretrata. Nonostante qualche trasformazione legata alle frequenti inondazioni, il territorio ha mantenuto nei secoli alcune caratteristiche salienti del paesaggio ed il marmo, con tutte le attività connesse, è stato sempre protagonista.
Il marmo apuano, nell’antichità denominato “marmo lunense”, con la gran varietà di bianchi e bardigli, ha contribuito in modo determinante a creare la fama e la fortuna di Luna, tanto che le cave divennero proprietà personale dell’imperatore a partire da Tiberio (14-37 d.C.).
Il materiale estratto era largamente utilizzato in città, sia negli edifici pubblici, sia in quelli privati. Doveva essere un colpo d’occhio di sicuro effetto.
Negli edifici, nei manufatti e negli spazi pubblici venivano impiegati i marmi della gamma dei bianchi, nelle dimore private, accanto ai bianchi lunensi, troviamo diversi tipi di bardiglio utilizzati insieme ai marmi importanti dall’Asia Minore, dalla Grecia e dall’Africa, più colorati e costosi e per questo adoperati per impreziosire i pavimenti delle lussuose domus lunensi del I secolo.
Col tempo l’eleganza e l’importanza conferita dal marmo agli edifici e alle costruzioni venne meno perché fu compiuta un’opera di spoliazione finalizzata al reimpiego del prezioso materiale. Ciò avvenne sia in epoca antica, con il riutilizzo del marmo all’interno della stessa Portus Lunae, sia più tarda con il riuso per la realizzazione di palazzi, fortificazioni e altro nei centri limitrofi come Nicola e Ortonovo.