Storia

Immagine tratta dal sito www.luni.beniculturali.it
Le tracce della Storia 

La Città di Luni con le sue frazioni - Ortonovo, Nicola, Annunziata, Casano, Dogana, Isola e Luni Mare – sorge nella piana del Magra, nell'estrema propaggine della Riviera di Levante, incastonata tra le Alpi Apuane, le cave di marmo e la costa Toscana.
Il nome del Comune, deciso con un referendum consultivo tra la popolazione nel 2017, è stato scelto per rafforzare un senso di appartenenza a un territorio in cui ogni pietra e in ogni corso d’acqua racconta le antiche gesta di un popolo – i Lunensi - che ha accolto i romani e fondato la terra di Lunigiana.

Popolazioni arcaiche: i Liguri-Apuani

Anticamente la pianura attraversata dal fiume Magra e il territorio circostante erano abitati da tribù di Liguri-Apuani disseminate nel territorio fin sulle impervie montagne dell'interno.
Vuole la leggenda che 700 anni prima della nascita di Cristo gli Etruschi effettuassero rapide incursioni tra l'Arno e la Magra, fieramente contrastati dalle tribù locali. Eppure la presenza Etrusca nel golfo di Luni ha trovato poco riscontro nella documentazione storica ed archeologica.

«Durum in armis genus»

I Romani, come riportato da testimonianze d’epoca, faticarono non poco ad estendere il loro predominio su queste terre a causa della tenace resistenza che le popolazioni Liguri-Apuane opposero per circa un secolo, dal 280 al 177 a.C.

Tito Livio scriveva: «In Liguria v'era tutto ciò che poteva rinvigorire i combattenti: posizioni aspre e montagne difficili da occuparsi da Liguri stessi, e difficilissime da conquistarsi quando erano occupate; strade adatte ad imboscate. Il nemico agile, veloce ed improvviso che non dava tregua e sicurezza in nessun luogo».

La deportazione in massa

Dopo l'ennesima sconfitta subita dal console Q. Marzio Filippo, nel 184 a.C. il Senato romano, deciso a risolvere definitivamente la questione, ordinò la deportazione in massa della popolazione ribelle: ben 40.000 uomini, donne e bambini furono caricati su navi e trasferiti forzosamente nel Sannio. Seguirono, poi, ulteriori rastrellamenti ed altre 7000 deportazione.
Solo grazie a queste feroci azioni Roma riuscì ad avere la meglio sui Liguri-Apuani
Il vuoto demografico venutosi a creare, fu colmato pochi anni dopo con l'invio di 2000 coloni romani per ripopolare quelle terre. Era l'anno 177 a.C. anno della fondazione di Portus Lunae.

I coloni romani per diverso tempo continuarono a contrastare le rapide incursioni effettuate da piccole bande di Apuo-Liguri sfuggite ai rastrellamenti e riorganizzatesi nelle boscaglie e sui monti sovrastanti la pianura di Luni. Solo nel 155 a.C. il console Claudio Marcello sconfisse definitivamente le resistenze delle tribù in uno scontro che, secondo la tradizione, avvenni nei pressi di monte Marcello, poco distante dalla città.

Luni imperiale

Assicurato il dominio del territorio, i Romani poterono proseguire l'opera di colonizzazione abbattendo boscaglie e terrazzando le colline prossime alla città poste in posizione climatica particolarmente favorevole per consentire l'impianto di orti, uliveti e vigneti.

Plinio il Vecchio citò gli ottimi prodotti del contado lunense tra i quali il rinomato cacio ed i vini dolcissimi ricavati dai vigneti del colle di «Sarticola».

In età imperiale la città di Luni giunse ad assumere grande importanza grazie al fiorente traffico di marmo estratto dei monti vicini. Con efficaci sistemi di «incuneamento» e di «lizzatura» i grandi blocchi di pregiato materiale venivano staccati nelle cave, trasportati fino a Luni e da lì imbarcati alla volta di Roma.
L’enorme patrimonio archeologico ritrovato con gli scavi effettuati a partire dalla prima metà dell’800 (XIX secolo) nella zona conferma l’importanza e lo splendore della città e del suo porto, al punto da far dire a molti che Luni poteva competere in bellezza con la stessa Roma. A questo periodo di dominazione imperiale risalgono probabilmente l’acquedotto alimentato dalle numerose sorgenti di acqua dolce che scendono dai monti vicini, e una lunga condotta di tubi di piombo che dalla stretta valle del torrente Parmignola portava l’acqua necessaria a soddisfare il fabbisogno della città. Mentre sui colli vicini sorsero sontuose ville che i patrizi del luogo edificavano per andarvi a villeggiare.

La discesa dei Barbari

A causa della progressiva decadenza dell'Impero romano, la penisola italica subì, a ondate successive, numerose invasioni, tanto che nel 410 d.C. i Goti di Alarico raggiunsero Roma e la misero a ferro e fuoco.
Il territorio lunense, protetto dalle Apuane e dal mare, e fuori dalle grandi vie di comunicazione che dai paesi del Nord conducevano a Roma, riuscì a rimanere per un certo periodo di tempo al riparo dalle devastazioni.

Il poeta Claudio Rutilio Namaziano verso il 416 d.C. costeggiando il litorale lunense, poté vedere con meraviglia la città di Luni ancora intatta e nel pieno del suo splendore, ricca di marmi e di palazzi, protetta da candide mura.

Ma ben presto la dominazione gotica dilagò anche nella fertile pianura di Luni (489-553), anche se altri invasori ben più pericolosi si andavano imponendo: i Bizantini. A sconfiggere gli ultimi re Goti e conquistare l’Italia fu il generale bizantino Narsete che nel 553 d.C. occupò Luni, ben consapevole della grande importanza strategica del territorio.
Fu sotto la dominazione bizantina, per contrastare l'avanzata dei Longobardi, che fu realizzata una fitta rete di rocche e castelli che andavano a comporre il «Limes» fino a raggiungere l'esarcato di Ravenna.

Era l'anno 643 d. C. quando l'ondata longobarda spazzo via i bizantini. Pur mancando una precisa documentazione storica, si può ritenere che nei 130 anni di dominazione longobarda in Lunigiana, la vallata del Parmignola fosse sempre inclusa nei cosiddetti «Bona publica» della città di Luni, data la grande importanza che ancora aveva la strada che dal litorale lunense che risaliva il corso del torrente fino al monte Bastione per inserirsi in altre direttrici che portavano verso la Garfagnana e la Lucchesia.

Supraluna

I beni della vallata lunense andranno in seguito a costituire una vasta area staccata dal territorio cittadino denominata «Supraluna» facente capo alla Corte di Iliolo (attuale Casano territorio incassato nella valle del torrente Parmignola sopra la Strada romana denominato così in un documento del 936 d.C.) e alla cappella di San Martino, eretta in quegli anni sulla sponda sinistra del torrente Parmignola.

Il VII e l’VIII secolo furono anni di imbarbarimento per la Lunigiana e per l'Italia intera. Dopo la vittoria di Carlo Magno sul re longobardo Desiderio a Pavia (774 d.C.), la dominazione
Franca introdusse ovunque il regime feudale. In quegli anni Luni subì un vero sconvolgimento.

L’inganno di Hasting il Normanno

Secondo la leggenda Luni, nella sua storia, fu invasa e distrutta ben otto volte. La prima fu a opera dei normanni. Stando a frammentarie cronache scritte in periodo medioevale, nell'anno 856 d.C. un predatore normanno di nome Hasting giungesse con le sue navi davanti a Luni e, credendo di essere arrivato a Roma (tratto in inganno dalla bellezza della città e dal fiume Magra scambiato per il Tevere), la distrusse occupandola prima con uno stratagemma. La leggenda racconta che Hasting riuscì a farsi aprire le porte della città con la promessa di una sua conversione al cristianesimo. Convinti dai suoi sinceri propositi (frattempo Hasting aveva fatto spargere la voce della sua morte), i dignitari lunensi aprirono le porte per far passare il corteo funebre. Una volta penetrati all'interno i normanni uccisero il vescovo, oltre a moltissimi cittadini, depredando la città di tutte le sue ricchezze.

Il declino

Le popolazione decimate da stragi e da pestilenze abbandonarono progressivamente l'attività
agricola in tutta la vallata lunense. I campi furono progressivamente abbandonati favorendo lo sviluppo della pastorizia che dava facile sostentamento. La mancanza di manutenzione delle efficienti opere di irrigazione e delle strade risalenti al periodo romano riportarono di secoli indietro la vita sociale e favorirono l'avanzata della malaria a causa dell'impaludamento della pianura, aggravato dai continui straripamenti del Magra e del Parmignola privi di adeguati arginamenti (20). La città di Luni divenne sempre più vulnerabile.

Mughaid e i pirati saraceni

La seconda distruzione storicamente accertata avvenne nell'anno 1016 per opera dei pirati saraceni guidati dal principe Mughaid detto il «Muscetto». A Luni il Mughaid collocò la sua residenza di terraferma, e da li, quale punto intermedio tra la Toscana e la Liguria, attaccava le cittadine del litorale con rapine, violenze e sacrilegi profanando le chiese e trasformandole in moschee. Solo dopo insistenti appelli dei notabili lunensi, papa Benedetto VIII si decise ad organizzare un'armata. Il vescovo lunense Guido, salvatosi fortunosamente, pensò bene di trasferire la propria residenza nel borgo fortificato di Vezzala, nei pressi di Carrara, meno esposto alle incursioni e più facilmente difendibile, dove rimase parecchi anni.

Il declino rende incerte le sorti dei territori, soprattutto per mancanza di documenti storici. I fili della storia si riallacceranno solo a partire dal X secolo per merito del Codice Pelavicino, il «Liberiurium»> della Curia lunense: una raccolta di atti vescovili e di notizie che rimane la più preziosa fonte storica della Lunigiana medioevale.

Testi tratti dalle pubblicazioni di Elio Gentili che ringraziamo per il suo prezioso lavoro e per soprattutto per la sua dedizione al territorio lunense.

"Nicola in Val di Luni. Memorie e documenti" di Elio Gentili. Edizioni del Centro Culturale Apuano 1988

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